Totò, a Napoli una grande mostra per ricordare il suo genio a 50 anni dalla morte

Dal famoso baule dal quale Totò non si separava mai ai 97 manifesti dei film che lo hanno visto protagonista. E ancora da contributi video, foto inedite di Antonio de Curtis da giovane e delle prime esperienze. Questo, e tanto altro, è il materiale che verrà esposto nella mostra "Totò Genio", a 50 anni dalla scomparsa del principe della risata, che aprirà i battenti il 12 aprile e sarà aperta fino al 9 luglio, al Maschio Angioino, a Palazzo Reale e a San Domenico Maggiore a Napoli.

Curata da Vincenzo Mollica e da Alessandro Nicosia, la rassegna approderà poi anche all'estero. Una mostra che il sindaco de Magistris e l'assessore alla Cultura, Nino Daniele, non hanno esitato a definire monumentale e che è stata possibile grazie alla collaborazione dell'associazione "Antonio de Curtis, in arte Totò", rappresentata oggi da Elena Articoli, figlia di Liliana de Curtis.




Figlio illegittimo del principe Giuseppe De Curtis e della giovane Anna Clemente, Totò nasce a Napoli, il 15 febbraio del 1898. Registrato all'anagrafe con il cognome materno, Totò verrà riconosciuto come figlio dal principe soltanto nel 1941. Esordisce nei teatri della periferia con piccole compagnie che si rifanno alla commedia dell’arte napoletana. Lavora poi come mimo e macchiettista ottenendo un grande successo negli anni ’20. 

Già allora, il suo personaggio che replicherà all’infinito, con le dovute varianti, è maturo: la bombetta in testa, il tight largo, la mimica facciale, sono i tratti inconfondibili della sua maschera. Mentre l’attività teatrale va a gonfie vele, gli esordi al cinema sono duri. I primi successi arrivano alla fine degli anni ’40 con remake parodistici di grandi classici del cinema, spesso stranieri, come "Fifa e arena" (1948) e "Totò le Mokò". poi arriva il sodalizio professionale con Peppino de Filippo, insieme al quale forma un assortimento perfetto. Sono i tempi di "Totò, Peppino e la malafemmina" (1956), "Signori si nasce" (1960) o ancora "Totò, Peppino e la dolce vita" (1961). Nel 1966, con l’incontro con Pier Paolo Pasolini, si apre una nuova fase. Il regista friulano propone un Totò in versione comica ma al tempo ne esalta la vena tragica e poetica, come in "Uccellacci e uccellini" o nell’episodio del film "Capriccio all’italiana" (1967), ultima prova, dopo oltre cento film, prima della morte, avvenuta il 15 aprile del 1967 a Roma, nella sua casa ai Parioli.


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